1 ott 2019

Libri e app in biblioteca: la sezione ragazzi come motore di promozione della biblioteca per tutta la comunità


Pubblichiamo il testo della relazione tenuta da Leyla Vahedi durante l'incontro alla Biblioteca di Cori "Elio Filippo Accrocca" in occasione del Bibliopride (28/09/2019), manifestazione promossa da Aib (Associazione italiana biblioteche) 

Libri e app in biblioteca: la sezione ragazzi come motore di promozione della biblioteca per tutta la comunità





Questo intervento vuole ragionare sull’occasione che offrono i servizi per bambini e ragazzi di intercettare un’utenza variegata, che è importante accogliere in biblioteca. Che le biblioteche siano tramite di alfabetizzazione a più livelli per tutta la comunità è un’evidenza accettata, vedremo qui, seguendo il poster 25 buone ragioni per portare un bambino in biblioteca, come libri e app, letture e attività specifiche per bambini e ragazzi possano promuovere una literacy a tutto tondo e allargare l’utenza e la vitalità della biblioteca. 

Buona ragione per portare un bambino in biblioteca, n. 1: Perché, per quanto piccolo, nessun bambino è troppo piccolo per iniziare ad accompagnare un grande in biblioteca

Compito della biblioteca pubblica è di venire incontro ai bisogni di tutti i gruppi che compongono la comunità indipendentemente dall’età e dalle condizioni fisiche, economiche o sociali. Tuttavia, ha una particolare responsabilità per la soddisfazione delle esigenze dei bambini e dei giovani. Se i bambini possono essere stimolati fin dalla più tenera età dalla conoscenza e dalle opere dell’immaginazione, è probabile che beneficino per tutto l’arco della vita di questi elementi essenziali per lo sviluppo personale, che li arricchiscono e permettono loro di dare un maggiore contributo alla società. I bambini possono anche incoraggiare i loro genitori e altri adulti ad andare in biblioteca. 
(IFLA, Il servizio bibliotecario pubblico: linee guida IFLA/Unesco per lo sviluppo, edizione italiana a cura della Commissione nazionale biblioteche pubbliche dell’AIB. Roma: AIB, 2002).

Due aspetti vengono messi in luce da subito: 
1) L’abitudine a frequentare la biblioteca, se costruita da piccoli, è duratura e continuativa ed è motore di literacy, alfabetizzazione, requisito di partecipazione sociale.  
A questo argomento è dedicata un’altra buona ragione, n. 18: perché se la biblioteca diventerà un luogo quotidiano, saprà dove rifugiarsi ogni volta che ne avrà bisogno, sia da piccolo che da grande, non solo rifugio, ma un luogo capace di rispondere via via a differenti bisogni culturali, affettivi, informativi; 
2) L’infanzia porta con sé genitori e altri adulti.

Di questo secondo aspetto è ben consapevole la biblioteconomia americana, che sin dalla fine dell’Ottocento mette al centro la sala e i servizi per ragazzi della promozione interculturale, soprattutto per integrare le famiglie immigrate. 
Già nel 1930, Clarence W. Sumner (Direttrice dell’Ohio Youngstone and Mahoing County Public Library) esplicita la necessità di accogliere e pensare servizi specifici per i piccoli, «prima unità logica dei servizi bibliotecari pubblici».
Prima unità logica perché i bambini sono un pubblico molto più ampio dell’infanzia, da cui tutto comincia, visto che si portano dietro: nonni, babysitter (spesso stranieri), genitori (che non è detto fossero entrati precedentemente in biblioteca), zii, fratelli maggiori etc. 

Lo spazio per ragazzi diventa […] il luogo in cui lavorare coi genitori sottolineando l’importanza della lettura fin dai primi anni di vita, il luogo dove passa l’integrazione non solo dei bambini ma anche dei genitori di provenienza culturale differente. Troppo spesso le amministrazioni comunali ignorano il ruolo chiave dei servizi ai bambini, i quali rappresentano un pubblico molto più ampio perché si ‘portano dietro’ tutta una serie di adulti a cui è possibile arrivare proprio partendo dai servizi ai più piccoli.
(Caterina Ramonda, La biblioteca per ragazzi, Milano: Editrice bibliografica, 2013, p. 45) 

Particolare attenzione dunque a fasce di utenza che non sarebbero entrate altrimenti in biblioteca: un’offerta di servizi amichevoli per bebè, piccolissimi, 0-3, 3-6 e via dicendo offre l’opportunità di far sentire benvenute famiglie di recente immigrazione e in generale tante persone che prima di avere figli non sentivano l’esigenza di recarsi in biblioteca o che pensano alla biblioteca come luogo silenzioso, di approfondimento, per “intellettuali”, aiutando così a ridurre e vincere la cosiddetta «paura della soglia». 

La sezione ragazzi è dunque un faro anche per chi non la frequenta: posta magari al centro della biblioteca è quel luogo che lancia un messaggio a tutti, che dice che si può entrare anche senza un titolo di studio superiore, che in biblioteca si può ridere, parlare, fare un gioco da tavola e anche perdere tempo. È un messaggio di amichevolezza e accoglienza anche per chi non ha figli e si reca in biblioteca per altri motivi. 

La “bassa soglia” è infatti un obiettivo strategico delle biblioteche. Non a caso è indicata dalle Linee guida per la redazione dei piani strategici per le biblioteche pubbliche tra gli obiettivi (p. 24), e si realizza attraverso la «promozione di occasioni di apprendimento non formale e informale. La biblioteca pubblica favorisce lo scambio e la socialità organizzando occasioni di apprendimento non formale e informale in modo da facilitare il più possibile l’accesso alla conoscenza per le persone di ogni condizione sociale. Centrale sarà organizzare occasioni specifiche per le famiglie e i bambini in età prescolare».
Tra gli obiettivi specifici rientrano anche l’integrazione, la multiculturalità e la promozione del dialogo intergenerazionale che vengono realizzati facilmente dai servizi per ragazzi e per le scuole. 

Buona ragione per portare un bambino in biblioteca, n. 2: perché in biblioteca potete fare molte cose insieme, ma anche farne ognuno per conto suo (si può scegliere a seconda degli umori e del bisogno)




L’adulto che entra in biblioteca con un bambino (eventualmente in occasione di attività specifiche) può scoprire che ai bambini piace leggere (e quindi diventare moltiplicatore di una buona pratica che, per quanto efficacemente promossa dalla biblioteca, può portare avanti con maggiore continuità e in maniera quotidiana) ma anche: si avvicinerà alla macchinetta del caffè, poi sfoglierà un quotidiano in emeroteca, magari prenderà un libro al bookcrossing, poi prenderà un dvd in prestito e via dicendo. 
La biblioteca è uno di quei luoghi che per l’infanzia sono sia di condivisione che di autonomia. La lettura stessa è una pratica eminentemente individuale che ha però intorno un universo relazionale (si comincia a leggere condividendo la voce e lo sguardo di un mediatore e anche quando si leggerà da soli si condivide con l’autore un intero mondo. Ancora, è relazionale perché può avvenire che si condivideranno le letture con un amico, e, come notava qualcuno, non c’è gelosia più acuta del vedere un libro che amiamo nelle mani di chi ci sta antipatico). 

Ancora sullo stare insieme ed essere autonomi: la biblioteca è uno di quei pochi luoghi in cui alla macchinetta del caffè si incontra il mendicante che cambia le monetine, lo studente in pausa caffè, un neopapà che cerca un fasciatoio per un’emergenza improvvisa... 
Tante esigenze diverse, tanti bisogni diversi in uno dei pochi luoghi in cui è possibile vedere vicine tante classi sociali, tante età differenti, tante provenienze diverse, ciascuno col proprio bisogno:

Buona ragione per portare un bambino in biblioteca, n. 24: perché nello scaffale per ragazzi c’è almeno un libro che sembra messo lì apposta per lui, ma anche uno che è evidentemente lì apposta per te

C’è poi un tipo di pubblico che frequenta e ama la sezione ragazzi perché, anche se cresciuto, si sente a casa proprio lì. 

Buona ragione per portare un bambino in biblioteca, n. 11: perché i libri migliori potrebbero essere negli scaffali più bassi e a te sfuggirebbero di sicuro

Quando la BPI, la biblioteca pubblica del Centre Pompidou a Parigi, possedeva una sezione ragazzi (che poi col tempo si è trasformata ed è stata assorbita in altri spazi), questa era vietata agli adulti: i bambini entravano da soli e potevano osservare, sfogliare, scegliere senza pressioni né consigli tendenziosi. Racconta Michel Melot che un giorno dovette intervenire per ricordare il regolamento ad un adulto che si era comodamente sistemato nella zona dei fumetti e questo lo apostrofò chiedendogli: “Da che cosa deduce che non sono un bambino?”. Lui non osò contraddirlo e gli consigliò – maligno! – la lettura di Peter Pan... L’aneddoto ci dice che a volte gli adulti tornano a mescolarsi coi bambini, che anche in una zona ragazzi possono trovare qualcosa per loro. In realtà nella nostra biblioteca non ci sono solo bambini e ragazzi tra il pubblico, ma anche gli adulti che ruotano intorno a loro: i genitori, gli educatori, gli insegnanti alla ricerca di un libro da leggere in classe o di un testo di appoggio per un qualche percorso che stanno per presentare ai loro allievi.  
Essere “per ragazzi” non deve impedire alla biblioteca di essere per tutti, non è limitativo né nell’accesso né nella fruizione dei materiali e dei servizi. Anzi, ti dico sinceramente che ci sono libri definiti “per ragazzi” che tutti gli adulti farebbero bene a leggere (...): troppo spesso utilizzare la definizione “letteratura per ragazzi” diventa un limite; dovremmo abituarci a pensare alla letteratura tout court senza lasciare che l’aggiunta di quel “per ragazzi” arrivi a sminuire i testi a cui è attribuito. 
(Caterina Ramonda, La biblioteca per ragazzi raccontata agli adulti: viaggio in un mondo che non finirà di sorprenderti, Milano: Editrice bibliografica, 2011, p. 45-46)

Buona ragione per portare un bambino in biblioteca, n. 14: perché le biblioteche sono tra i pochissimi posti al mondo in cui, in certe occasioni, si possono ascoltare letture ad alta voce

La fidelizzazione offerta poi da attività continuative (come l’ora di lettura settimanale) è un’occasione ancora più preziosa. 
Il giorno delle letture è quello in cui i piccoli utenti riportano il libro in prestito e ne scelgono un altro e in cui i genitori sanno di trovare un professionista a disposizione per consigli e indicazioni.
L’ora della lettura (Story hour) è un’abitudine nata nelle biblioteche statunitensi verso la fine dell’Ottocento, come servizio specifico rivolto ai bambini. Sistematizzata e teorizzata negli anni Venti, è una pratica diffusa ancora oggi. Inizialmente proposta come servizio rivolto ai bambini già in grado di leggere, per invogliarli alla lettura autonoma e per avvicinarli a testi che non avrebbero scelto da soli, negli anni Trenta diventa un servizio specificatamente rivolto ai prelettori e persino ai piccolissimi (Picture book hour), con l’intento specifico non di insegnare a leggere ma di imprimere nei piccoli il piacere della lettura.  

L’ora del racconto è un’attività intesa in senso ampio come momento in cui si leggono albi ad alta voce o si propongono narrazioni intorno a generi diversi, presentando albi, racconti, canzoni, poesie; designa quindi tutti i momenti in cui la biblioteca permette di scoprire la fiction o la tradizione grazie all’oralità. Però, in qualunque modo si svolga, più informale o più organizzato, una lettura è una lettura e un racconto è un racconto. Questo per sottolineare che un’opera letteraria o un momento di narrazione non devono essere il pretesto per attività di tutt’altro tipo; non devono essere il trampolino per un’attività che non sia strettamente legata all’atto di leggere. Insomma, la lettura di Pinocchio […] non deve essere il pretesto per realizzare una marionetta. È quindi “una lettura gratis”, come disse un bambino valutando la risposta negativa alla richiesta se dovesse fare un disegno di quel che aveva appena ascoltato (come probabilmente era stato abituato a scuola).
(C. Ramonda, La biblioteca per ragazzi, p. 123)

Senza dimenticare che l’accesso a storie di qualità è un diritto di tutti i bambini - non soltanto di coloro i quali appartengono a un contesto culturale elevato - e che l’alfabetizzazione è un requisito di partecipazione di base, risulta utile sottolineare ancora una volta che non soltanto esiste uno scarto tra chi ha accesso ai consumi culturali e chi non lo ha, ma che lo scarto diventa ancora più acuto tra chi ha accesso precocemente ai contenuti culturali e chi meno, e soprattutto tra chi riceve stimoli di qualità e chi riceve proposte molto simili alle modalità di consumo. 
Chi lavora a contatto con quest’editoria di qualità ha scoperto che difficilmente lascia indifferenti i lettori, come emerge dai resoconti. Sembra altrettanto evidente il contrario: da più parti si offre testimonianza di quel circolo vizioso per cui i non lettori non hanno gli strumenti per scegliere buoni libri, e quindi minori possibilità di appassionarsi alla lettura. Offrire l’opportunità di scoprire libri appassionanti e che utilizzano il linguaggio dell’albo in maniera specifica e originale fa scoprire che i bambini amano i libri, scoperta che si rischia di non fare quando si offrono loro prodotti insipidi e poco nutrienti. La lettura ad alta voce, in particolare, è un modo per mostrare e per far scoprire la meraviglia della lettura dei piccoli, a loro e agli adulti familiari.
I bambini che familiarizzano precocemente con la lettura avranno guadagnato quelle abilità che costituiscono il requisito indispensabile per fruire di differenti linguaggi in maniera piena e arricchente. 
Si è visto che laddove c'è una buona, sollecita e precoce abitudine di lettura, lo spazio aperto dai nuovi supporti di lettura è occasione di buone letture. 

Buona ragione per portare un bambino in biblioteca, n. 16: perché in biblioteca si possono trovare riviste per grandi e piccoli, succhi di frutta e caffè alle macchinette, tappetoni e computer (qualche volta anche tablet e scalda-biberon), libri che non si trovano nelle librerie e film che non fanno mai in tv

La biblioteca può essere un tramite di alfabetizzazione, anche mediale, non solo per l'infanzia ma anche (spesso soprattutto) per l'intera comunità. 

Le biblioteche e i servizi informativi hanno il compito di facilitare e promuovere l’accesso pubblico a un’informazione e una comunicazione di qualità. Bisogna aiutare gli utenti mettendo a loro disposizione le competenze necessarie e ambienti adeguati, dove possano utilizzare liberamente e con fiducia le fonti informative e i servizi prescelti. 
Oltre alle tante risorse valide disponibili tramite Internet, ve ne sono di inesatte, fuorvianti e potenzialmente offensive. I bibliotecari dovrebbero fornire informazioni e risorse che aiutino gli utenti a imparare a utilizzare Internet e l’informazione elettronica in modo efficace ed efficiente. Dovrebbero promuovere attivamente e agevolare un accesso responsabile a informazioni di qualità per tutti i loro utenti, compresi i bambini e i giovani.
(IFLA, Manifesto IFLA per Internet, traduzione di Maria Teresa Natale. Roma: AIB 2002, <http://www.aib.it/aib/cen/ifla/manifinternet.htm>)

Il problema non riguarda solo l’informazione veicolata da internet: nel panorama della disintermediazione l’illusione di ricevere servizi personalizzati riguarda anche le proposte culturali digitali per l’infanzia. In biblioteca ci siamo accorti di quanto poco gli adulti fossero sensibili alla scelta dei prodotti multimediali che offrivano ai propri figli. 
La biblioteca può diventare dunque un luogo importante di reference anche in questa direzione, oltre che di sperimentazione. Ancora, può essere il luogo in cui si accorcia il digital divide, grande sfida del mondo contemporaneo. 

Come?
-mettendo a disposizione il wifi, eventualmente anche dei dispositivi se il profilo della comunità indica questa esigenza (pc, tablet con app e contenuti per ragazzi a disposizione);
-mettendo a disposizione tecnologie (hardware e software) di non immediato reperimento: stampanti, cutter, pc con istallati programmi di grafica, montaggio video... come accade ad esempio nei makerspace, luoghi collaborativi (definizione: «A makerspace is a collaborative work space inside a school, library or separate public/private facility for making, learning, exploring and sharing that uses high tech to no tech tools»).
-mettendo a disposizione competenze (corsi di alfabetizzazione informatica ma anche reference sulle migliori app e contenuti digitali per ragazzi) 
Questo ultimo aspetto mi sembra il più importante, perché lo scarto maggiore nella società contemporanea non riguarda tanto, o non soltanto, l’accesso ma soprattutto l’uso:  

Cresce il digital divide, dimenticato dopo le prime battaglie in cui anche le biblioteche si erano impegnate; e soprattutto cresce una seconda frattura all’interno degli stessi utilizzatori dei nuovi linguaggi e delle nuove tecnologie, quella tra chi ne fa un uso banale, superficiale, “televisivo”, e chi ne conosce a fondo le potenzialità e i punti critici. Al di là della cosiddetta divisione tra “nativi” e “immigrati” digitali, all’interno dei primi si è già spalancata una faglia, interamente prodotta dal “progresso” e dal suo uso diseguale, tra chi usa i nuovi media come mezzi di intrattenimento e imbonimento e chi sa spremerne le potenzialità e le parzialità di ricerca e di conoscenza. E che cosa c’è di più analfabetico di questa crescente incapacità di padroneggiare i linguaggi e i saperi del mondo?
(Luca Ferrieri, Il futuro della lettura e della biblioteca, in: “Aprire le porte alla lettura e all’apprendi- mento”, Bressanone, 7 novembre 2008, <http://www.provincia.bz.it/cultura/download/relazione_ Luca_Ferrieri.pdf>, p. 6.)

La società contemporanea offre all’umanità straordinarie occasioni di accesso alle conoscenze, impensabili fino a poco tempo fa, ma […] si tratta di conoscenze che non tutti sarebbero in grado di usare se dovessero fare affidamento solo sui propri mezzi. Le tecnologie della comunicazione incidono profondamente sulle strutture sociali e, se non vogliamo precipitare in nuove forme di analfabetismo e di povertà, si pone un delicatissimo problema di democratizzazione nella fruizione di queste conoscenze; e spetta alle biblioteche garantire la par condicio nell’accesso al sapere registrato dalle memorie elettroniche, il che vuol dire anche consentire a tutte le intelligenze di esprimersi nella rielaborazione e nella crescita di questo sapere. La distinzione tra ricchi e poveri, fra chi è inserito e chi è emarginato, passa oggi attraverso la possibilità di accostarsi alla conoscenza.
(Giovanni Solimine, La biblioteca: scenari, sculture, pratiche di servizio. Bari: Laterza, 2006, p. 35.)

Abbiamo detto che laddove c'è una buona, sollecita e precoce abitudine di lettura, lo spazio aperto dai nuovi supporti di lettura è occasione di buone letture. Lungi dall’esser desueta allora la biblioteca come luogo fisico e come «presidio della mutazione» assume un compito ancora più urgente oggi. È per eccellenza il luogo che garantisce l’accesso ai documenti e la garanzia di qualità, varietà e appropriatezza di essi, oltre a essere un luogo di accoglienza, scambio, socialità e partecipazione. Se quindi si valuta la biblioteca rispetto alle sue funzioni, è impensabile ipotizzare la fine o il declino della necessità di mediazione bibliotecaria, seguendo Serrai: 

Il futuro della biblioteca, a differenza di quanto si creda, non è legato al futuro del libro - il quale comunque avrà lunga vita - ma all’adempimento dei tre obiettivi fondamentali che competono alla biblioteca e che ad essa continueranno a competere fino a quando ci saranno conoscenze e messaggi registrati sotto qualunque forma, si chiamino libri, documenti, monumenti grafici o altro: 1. selezionare, raccogliere e conservare i documenti; 2. realizzare l’accesso ai documenti e al loro contenuto per mezzo delle tecniche di catalogazione; 3. stimolare e facilitare l’utilizzazione dei documenti.
(Alfredo Serrai, Guida alla biblioteconomia, edizione aggiornata a cura di Maria Cochetti. Firenze: Sansoni, 1997, p. 33)



Riferimenti bibliografici, oltre alle citazioni: 
*Su Clarence W. Sumner si veda: E. Greene & A. Baker, Storytelling: Art and technique. New Providence, N.J: R.R. Bowker, 1996; E. Greene, Books, babies and libraries: serving infants, toddlers, their parents & caregivers. Chicago-London: American Library Association, 1991
Disegnare il futuro della biblioteca: linee guida per la redazione dei piani strategici per le biblioteche pubbliche, Associazione italiana biblioteche - Commissione nazionale biblioteche pubbliche 2017/2020 (Sara Chiessi, Cecilia Cognigni, Chiara Faggiolani, Loredana Gianfrate, Valeria Patreganini, Maria Antonietta Ruiu): https://www.aib.it/wp-content/uploads/2019/05/AIB_CNBP_Linee-guida-3-1.pdf

* Sui maker space si veda: https://www.makerspaces.com/what-is-a-makerspace/ e Maria Stella Rasetti, I makerspaces in biblioteca: moda passeggera o accesso al futuro?, «Biblioteche oggi», 33 (2015), 4, p. 17-37 e l’esperienza del Maker space della Biblioteca Giovenale
*«Biblioteca presidio della mutazione» è preso in prestito da L. Ferrieri, La biblioteca tascabile: che ci faccio con l’ebook, «Bollettino AIB», 50, n. 4 (2010), p. 367. 



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