26 nov 2018

Sheherazade: leggere, ascoltare, osservare *Le mille e una notte*

«Dopo che il re ebbe preso la verginità di Sheherazade, sedettero tutti a conversare e la sorella minore disse - Sorella, raccontaci una storia con cui trascorrere la veglia di questa notte. - Volentieri, se me lo permette questo compiuto sovrano - rispose Sheherazade. All’udir ciò, il re, cui una certa eccitazione impediva di dormire, annuì, lieto di poter ascoltare una storia. Nella prima notte Sheherazade raccontò...».
Cinzia Ghigliano, Le mille e una notte, Donzelli
In ogni grande narratore - scriveva Walter Benjamin - vive una Sheherazade, alla quale a ogni passo delle sue storie viene in mente una nuova storia... Dell’opera intitolata Hezār-o yek šab in persiano e Alf layla wa layla in arabo, le mille e una notte, Sheherazade è la protagonista, nonché colei che tiene - letteralmente - in vita il filo del racconto. Le mille e una notte è infatti un'opera dalla struttura particolare, composta da un grande numero di racconti di varia natura (alcuni più fiabeschi, con elementi magici e soprannaturali, altri più aneddotici e di vita e morale quotidiana) tutti abbracciati e tenuti insieme da una cornice narrativa che fa da filo conduttore all’intera raccolta, da una storia che si rivela poi essere una metastoria, che contiene e da origine a tutte le altre. 
La cosa che rende questa opera straordinaria, è che la metastoria con cui si apre la prima e si chiude l’ultima pagina del libro non è un semplice espediente letterario ma è anch’essa una storia: una storia strutturata come una fiaba, in cui l’oggetto magico è il raccontare stesso, l’arte della narrazione. Le mille e una notte potrebbe allora esser definita come una fiaba che ha al suo interno una quantità (potenzialmente) infinita di altre fiabe e che mette a tema la stessa operazione del narrare storie come qualcosa di davvero decisivo, un sapere sul cui crinale si gioca il rischio della morte e la possibilità della vita.

Cinzia Ghigliano, Le mille e una notte, Donzelli
Si racconta che il sovrano Sharyar dopo aver scoperto il tradimento di sua moglie e averla uccisa, si risolve a una terribile vendetta. Ogni giorno prende in sposa una fanciulla vergine, nella notte delle nozze si unisce a lei, e poi sul finire di quella notte stessa, la uccide. Il popolo - dice il testo - tra grida d’orrore, iniziò a fuggire portando via le sue figlie. Un giorno il gran visir incaricato dal sovrano di procurargli le donne se ne stava a casa in angoscia perché, per quando avesse cercato in ogni luogo, di ragazze da marito non ve n’era più una sola in tutto il regno. Ed ecco che si fa avanti Sheherazade, la figlia del gran visir, mossa dall’irresolubile decisione di andar in sposa al re Shariahar. Il gran visir, a malincuore, conduce sua figlia Sherazad dal re, perché fossero celebrate le nozze. Nella notte delle nozze il re si apprestava dunque a unirsi alla sua nuova regina - e  all’unione sarebbe poi seguita l’esecuzione della donna - ma Sheherazade gli chiede di aver esaudito un ultimo desiderio e cioè quello di accomiatarsi da sua sorella Dunyzad - con la quale Sheherazade aveva accordato un piano. Il re acconsente e manda a cercare la fanciulla. Dunyazad dunque arriva, le due sorelle si scambiano i saluti, e la minore si siede in disparte, il re si unisce a Sheherazade e poi i tre iniziano a conversare. Subito, come concordato, Dunyazad chiede alla sorella di raccontare una storia. Il re accorda il permesso e Sheherazade inizia il suo racconto.


E' questa la metastoria che dà origine ai racconti delle Mille e una notte. La storia di Sheherazade, giovane donna che per mille e una notte racconta delle storie al re Sharyar. 
Le mille e una notte porta così i suoi lettori o uditori ai confini d’ogni dove, attraverso avventure abitate da moltissimi personaggi, in luoghi, tempi diversi, ma la sua ambientazione prima è la camera nuziale di Sharyar, che ascolta, e di Sheherazade che, con la vita appesa a questa narrazione notturna, intreccia, senza mai spezzare il filo del racconto - che è anche quello che cattura l’attenzione e il desiderio del re e che così la tiene in vita - un sistema di trame dentro le trame e racconti dentro i racconti e riesce così, notte dopo notte, a far slittare il rischio della morte allo spazio di tempo che separa il tramonto e l’alba della notte successiva, e poi ancora a quella successiva, e ancora a quella successiva, e così via, per mille e una notte. 
Dunque ogni storia delle Mille e una notte esce dalla bocca di Sheherazade, o dalla bocca di uno dei personaggi che escono dalla bocca di Sheherazade, in un sistema a «incapsulamento» o a scatole cinesi che spesso, tra l'altro, replica il meccanismo della cornice per cui accade che anche nelle storie narrate da Sheherazade vi siano personaggi che assumono la funzione di narratori che a loro volta narrano storie nelle storie e il lettore allora si perde, ma poi si ritrova, con quell’estremo piacere dello straniamento narrativo, dell’esser catturato dagli alibi, dal gioco dell’altrove dentro il qui che è poi l'elemento della narrazione stessa. 
E così passano mille e una notte, e Sheherazade si accorda al tempo naturale, all’alternarsi di luna e sole, sa quando sospendere, conosce i tempi giusti per le pause: è l’arte del narrare, in questo molto simile alla musica, in cui il silenzio e la pausa sono elementi costitutivi almeno quanto il suono e la parola. Lungi dall’essere un espediente letterario, la storia di Sheherazade incarna quindi un nodo di problemi densissimi: il rapporto tra parola e seduzione, tra narrazione, memoria e vita stessa, generazione, prosecuzione della vita. 
Quanto alla composizione, le provenienze geografiche e gli influssi culturali sulle varie storie che compongono questo «insigne palinsesto del folklore d’oriente e caleidoscopico documentario dell’Islam medievale» (come lo definì F. Gabrieli, curatore e traduttore della prima edizione italiana integrale, uscita per i Millenni di Einaudi nel 1951) le questioni tutt'oggi dibattute dagli specialisti sono molte e complesse. Folkloristi, orientalisti, arabisti (etc.) hanno fatto molte ipotesi sui molti singoli aspetti problematici. 
Ad esempio: Alì Babà, ovvero una delle più famose fiabe della tradizione di area persiana è stata esclusa dalle edizioni  delle Mille e una notte e dai testi stabiliti nel Novecento su base documentaria perché appunto non è contenuta nei manoscritti medievali di area egiziana, che costituiscono le prime attestazioni delle Mille e una notte come opera più o meno compiuta. Ciononostante Alì Babà è uno dei fiori all’occhiello con cui Le mille e una notte sono state conosciute dalle nostre parti e soprattutto nelle nostre lingue, quando - nel primo Settecento - Monsieur Antoine Galland editò in lingua francese le Milles et une nuits e resta oggi a tutti gli effetti di una fiaba popolare straordinariamente intrisa di elementi fiabeschi dell’area di provenienza persiana, ovvero di uno dei vari ambienti le cui narrazioni tradizionali vengon poi a comporsi nelle Mille e una notte.  


Per fare un altro esempio, la struttura stessa della storia di Sheherazade si pensa possa esser di provenienza indiana, rivisitata in un secondo momento. Secondo Francesco Gabrieli comunque l’Egitto mamelucco (medievale) costituisce una tappa molto importante nella costruzione del testo, che lascia anche traccia documentaria. La materia è di origini disparate: aria, semitica, indiana, iranica, mesopotamica ed egizia, a un certo punto fu fusa e resa unitaria da una patina che Gabrieli definisce “musulmana”, ovvero una patina più recente, caratterizzata da un islamismo popolare nella visione del mondo, nella fede e superstizione, nella demonologia e nella magia.  Un elemento su cui Gabrieli insiste è che Le mille e una notte rappresentino soprattutto la vita del popolo e quella delle classi superiori vista con gli occhi del popolo, fornendo così al lettore (specie se interessato anche ad aspetti di carattere storico) una finestra sulla vita sociale dell’oriente islamico - in particolare  egiziano - del tardo medioevo. 
E. Luzzati, Il bazar
Quello che è certo, e che interessa valorizzare nell'ottica della promozione della lettura di questa opera, è che Le mille e una notte  rappresentano un patrimonio di narrazioni folkloriche di inestimabile valore, in cui si possono rinvenire elementi fiabeschi a noi molto familiari dal punto di vista "morfologico" o strutturale, ma filtrati da caratterizzazioni locali e di contesto. Un esempio lampante in tal senso è il bazar, il mercato, che nella struttura della fiaba delle Mille e una notte svolge la funzione che nelle fiabe mitteleuropee e anche italiane svolge solitamente il bosco: il luogo dell'allontanamento, dello smarrimento, del rischio e insieme della scoperta del mondo e di se stessi, dunque della metamorfosi e della crescita (ne abbiamo parlato tempo fa QUI con Nadia Terranova, che ha scritto un adattamento di alcune storie delle Mille e una notte, illustrate da C. Corr, La Nuova Frontiera Junior 2013). 


N. Terranova - C. Corr, Le mille e una notte, La nuova frontiera
In scala più larga, si può fare la stessa considerazione cioè che Calvino faceva per le variazioni regionali e, in generale, per le fiabe "italiane". In che senso una fiaba è italiana, o toscana, o siciliana, o friulana (e in che senso persiana, araba o indiana)? Era proprio questa la domanda che Italo Calvino si pose quando, nel 1950, affrontava l'impresa di mettere insieme in un libro il patrimonio fiabesco italiano (come i Grimm avevano fatto con le fiabe "tedesche" e Perrault con quelle "francesi") con l'intento dichiarato di rappresentare, quanto più gli fosse possibile, la varietà ragionale delle fiabe che trasceglieva e includeva in una raccolta che potesse essere identificata come raccolta di "Fiabe italiane". 
Le fiabe si sa - scriveva infatti Calvino - sono uguali o comunque simili dappertutto, ma «chiamiamo fiabe italiane quelle fiabe che sono state raccontate dal popolo in Italia, che sono entrate per tradizione orale a far parte del nostro folklore narrativo. E similmente le diciamo veneziane o toscane o siciliane in questo senso. E poiché la fiaba, qualunque origine abbia, è soggetta ad assorbire qualcosa dal luogo in cui è narrata - un paesaggio, un costume, una moralità, o foss'anche soltanto un vaghissimo accento di quel paese, il grado di cui sono imbevute di qualcosa di veneziano o toscano o siciliano è stato il criterio della mia ricerca».
V. Zecchin, Le mille e una notte
All'esplorazione delle Mille e una notte tra edizioni classiche ed elaborazioni contemporanee è dedicato un incontro che Cartastraccia curerà nell'ambito della Fiera della Piccola e Media Editoria di Roma Più Libri Più Liberi: Tappeti volanti letture e laboratorio sulle Mille e una notte, in collaborazione con Biblioteche di Roma, domenica 9 dicembre 2018, ore 13.30 - dai 4 anni agli 8 anni. QUI info e QUI i dettagli dell'incontro sul sito di Più libri più liberi Roma Convention Center – La Nuvola, Viale Asia 40. 



Un secondo appuntamento di Tappeti volanti  è previsto in occasione della Festa di Roma e si svolgerà il 1 gennaio 2019, alle ore 11.00 presso la Biblioteca Cornelia, via Cornelia 45. Qui sotto e Qui qualche tavola dai libri che osserveremo e leggeremo durante gli incontri di Tappeti volanti.


F. Negrin, Mille giorni e una notte, Orecchio acerbo



Isol, Cosas que pasan, FCE


E. Luzzati, Alì babà e i quaranta ladroni, Interlinea


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