L'ultimo fine settimana di Novembre si è svolta la XIII edizione di BilBOlbul Festival Internazionale di Fumetto organizzato dall'associazione culturale Hamelin e noi di Cartastraccia siamo andate in trasferta nella bella Bologna. Dopo quattro giornate intense, da giovedì 28 novembre a domenica 1 dicembre, siamo tornate a casa con i piedi gonfi ma con uno sguardo più ampio sull'incompiutezza della condizione umana, sociale e civile del nostro tempo.
Il concetto che gli organizzatori del festival hanno voluto portare al centro delle nostre riflessioni è lo spaesamento, tema che si coniuga alla perfezione nella scelta dei tre principali ospiti di BBB19: Nora Krug, Yvan Alagbé e Chris Reynolds. Abbiamo visitato le loro rispettive mostre, abbiamo assistito agli incontri e siamo entrati nel loro personale immaginario, perdendo anche noi - per un istante - quei punti di riferimento che ci permettono di capire che cosa abbiamo davanti agli occhi. Sì, perché conoscere tre identità così diverse e attraversare le contraddizioni della loro interpretazione di spaesamento non è un'impresa semplice e immediata.
Nora Krug: Heimat è il titolo della mostra promossa da BilBOlbul Festival internazionale di fumetto e il Goethe-Institut di Roma che indaga sulla genesi del libro attraverso un percorso espositivo frammentato in tavole originali di Heimat, cassettiere contenenti fotografie, manoscritti, documenti e oggetti recuperati al mercato delle pulci.
Il percorso si snoda tra passato e presente e intende riscoprire l'identità familiare e nazionale di una donna tedesca che da vent'anni vive negli Stati Uniti tra non tedeschi e decide di tornare consapevolmente nel suo luogo di origine, la sua heimat, parola carica di molteplici accezioni. É quel "paese canaglia" - come afferma la stessa Krug in uno degli incontri durante il festival -, la Germania nazista della Seconda Guerra Mondiale che, nelle pagine del graphic novel, viene raccontato secondo un processo di ricostruzione non cronologico, senza fine né principio, perché non ci si mette mai in pari con la storia. Ma è anche un viaggio di riscoperta collettiva e universale perché tutti abbiamo una storia familiare e tutti dobbiamo fare i conti con la memoria del nostro passato.
Il motore autobiografico che si cela dietro la realizzazione del libro è visibile nella costante ricerca di mettere insieme i pezzi. L'intera opera è fatta di indizi, non ci sono prove e non si arriva mai a qualcosa di assoluto e definito, si procede seguendo un percorso tracciato da briciole di pane - non da sassi - perché tutto sfugge, tutto potrebbe portare in nessun luogo e c'è sempre un senso di precarietà. Il recupero della memoria avviene attraverso l'uso della relazione tra immagini e parole. Numerose sono le fotografie, le immagini e i disegni e tante sono le cose che succedono visivamente. Si cerca quindi di dare un ordine ai frammenti attraverso il disegno; il senso del disegnare fa perciò da collante e diviene strumento di ricerca.
Nonostante la condizione di incertezza dovuta all'assenza di punti di riferimento nitidi, Krug segue un preciso rigore metodologico nella sua indagine e nel fare arte con il fumetto. L'occhio del lettore deve essere attento per seguire e comprendere l'architettura complessa della struttura stilistica dell'autrice. C'è una profonda difficoltà nel dire, nel raccontare una storia - per vergogna, senso di colpa, disagio, mancanza di testimoni diretti - e la stessa Krug, in varie bozze delle sue illustrazioni, si rappresenta di spalle a testimonianza della frammentarietà e dell'incoerenza dei ricordi. Ma alla fine, di quella Heimat tanto sospirata, forse non resta più soltanto «un'eco, una parola dimenticata un tempo urlata tra le montagne». Sì, la nostra conoscenza della storia non è enciclopedica, resta sempre un territorio indefinito, un qualcosa che ci sfugge, ma è proprio questa la sua vera essenza e noi le apparteniamo.
Una storia dell'amore è la mostra che ha portato il disegnatore franco-beninese Yvan Alagbé per la prima volta in Italia. L'autore ci racconta una storia che parte dalle relazioni umane per poi far emergere narrazioni di carattere sociale e politico, come la questione migrante.
Negri gialli è la storia di Alain e Martine, protagonisti del racconto che dà il titolo al volume Negri gialli e altre creature immaginarie - uscito per Canicola proprio in occasione del festival -, due fratelli arrivati nella periferia di Parigi. Senza documenti, vengono aiutati da un anziano algerino di nome Mario, un uomo solo - e per questo disperato e bizzarro - che combatte tragicamente contro la sua condizione. L'uomo in passato era un harki, uno di quei soldati che, durante la guerra di liberazione, si schierarono con il governo coloniale e furono poi costretti a emigrare in Francia.
Profondo è il senso di spaesamento che si prova nel guardare i suoi gesti e ci domandiamo: che cosa vuole Mario da loro due? Perché è così morboso con degli sconosciuti? Quello che stiamo percorrendo è il territorio dell'immigrazione, della difficoltà di integrazione e della conseguente solitudine, declinato nella lettura della coscienza umana dei personaggi e nell'estraneità delle relazioni umane così divisorie ed esautorate. Ma, essendo una storia dell'amore, è di questo che ci vuole parlare Alagbé. Dell'amore che manca a Mario, di quello che invece troviamo tra Claire e Alain, lui africano e lei parigina disposta a sposarlo pur di risolvere la questione dei documenti. Così, la mostra allestita mette al centro del suo percorso il concetto universale di amore e vi troviamo illustrazioni che riproducono fotogrammi, sculture e riferimenti grafici che si discostano da quel sentimento inteso in senso puramente romantico per acquisire un significato profondamente politico.
Da un immaginario realistico e sentimentale così spietato, si arriva ad un tratto più intimistico in cui scompaiono le vignette e si lascia spazio al flusso di pensiero dei personaggi. Si giunge quindi ad un disegno astratto e, come in Nora Krug, anche qui gli scenari disorientano perché incompiuti e indefiniti. Alagbé con i suoi racconti dichiara apertamente l'incapacità dei paesi europei di raggiungere quell'integrazione che metterebbe a tacere tutte le questioni sulla diversità tra bianco e nero. Ma è ancora tutto molto precario, forse quel che manca è la forza di quell'amore primordiale che nel racconto d'apertura Love ritrae una donna nuda e distesa mentre allatta il suo bambino.
Giorni nuovi... E migliori? è invece la mostra dedicata a Chris Reynolds e che riprende il titolo di una storia breve de Un mondo nuovo. Fumetti dalla Mauretania aggiungendo però il punto interrogativo finale e connotandola di una sfumatura non indifferente. L'edizione del libro, curata da Seth e pubblicata per Tunué in collaborazione con BilBOlbul, si compone di racconti a dir poco misteriosi. Neppure Reynolds sembra voler collaborare per fare chiarezza perché la risposta più comune alle domande che gli vengono poste è "Non ricordo, sono passati trent'anni ormai". In effetti, in questi decenni il grande mercato editoriale gli ha concesso poco spazio ed è così finito per auto prodursi e per dimenticare gran parte della genesi del suo lavoro.
Un mondo nuovo è una raccolta di storie che, a differenza di quanto si possa pensare, non sono collegate tra loro; il progetto originario di Reynolds non seguiva infatti l'ordine in cui lo vediamo oggi, pertanto i racconti non devono essere letti secondo le logiche di coerenza e continuità. L'età d'oro, ad esempio, viene inserito quasi a metà del libro, eppure, ci parla di un mondo precedente e i personaggi qui rappresentati sono più giovani rispetto alle storie che abbiamo incontrato prima. L'universo della Mauretania è incomprensibile, ci sono gli alieni, edifici che scompaiono misteriosamente, un soldato di nome Reg che torna a casa dopo la guerra ma la trova distrutta dagli scavi ed è costretto ad accettare che le cose stanno cambiando e che non c'è più posto per lui in quel luogo. Incontriamo poi Rosa, una famosa attrice che muore per ricomparire come se nulla fosse e senza dare spiegazioni, lasciando disorientati ex colleghi e lettori.
E poi c'è Monitor, il personaggio più affascinante creato da Reynolds, un supereroe per Jimmy - che diventerà il suo successore - o uno sciroccato come lo definisce il signor Prime. Eppure sembra che solo lui, con il suo inconfondibile casco bianco, sia in grado di comprendere la realtà in cui vivono e di accettarla con passività solo apparente. Jimmy, come abbiamo detto, prende il posto di Monitor e lo vediamo nel racconto più lungo inserito a fine raccolta: Mauretania. Qui ci racconta la venuta di un nuovo mondo, un universo che trova origine da grandi contraddizioni e domande irrisolte. Si avverte soprattutto l'incapacità di agire dell'uomo davanti al cambiamento e una costante percezione di mancanza di senso e perdita di controllo. Eppure l'uomo non vuole rassegnarsi a questo destino. Solo Susan e Jimmy sembrano avere fiducia nel futuro, «ora il mondo starà bene, andrà meglio» e questo cambiamento - che non vediamo, ma sappiamo che qualcosa di nuovo è accaduto - è avvenuto mentre loro erano lì e noi lo vediamo in un'iconica scena finale del libro.
Il tono poetico delle parole di Reynolds, connotate da un senso di malinconia e nostalgia, è inconsapevole, non è voluto né tantomeno ricercato. Tuttavia, il carattere visionario e onirico della sua poetica è il tratto essenziale delle sue tavole. Come ammette lo stesso autore, le storie sono state scritte al mattino prima delle dieci, perché dopo quell'ora X sarebbe diventato tutto troppo razionale e non avrebbe avuto più alcun senso. Si può ammirare così il rapporto che esiste tra scrittura e immagine nelle tavole originali esposte in occasione del festival. Troviamo parole che obbediscono alle leggi del sogno e disegni che, al contrario, si rivelano precisi e regolari. La composizione delle vignette è caratterizzata da griglie geometriche e le parole sono racchiuse in cornici dai tratti forti e dai bordi pesanti, spesso ondulati come a ricordare la bordatura dei francobolli. L'universo indomabile della Mauretania può essere, perciò, tenuto a bada solo dalle griglie sistematiche di Reynolds che ha così creato un'antologia che anche noi in Italia meritavamo di conoscere.
Se, come noi, non siete riusciti a sfuggire al labirinto poetico di questi tre grandi autori e disegnatori, vi invitiamo a visitare le loro rispettive mostre e a correre il rischio di restare abbagliati da questi tre immaginari che non sono poi così lontani dal nostro presente.
La mostra Nora Krug: Heimat è aperta fino al 6 Gennaio 2020 presso il Museo internazionale e biblioteca della musica, mentre le mostre Una storia dell'amore e Giorni nuovi... E migliori? sono aperte fino al 20 Dicembre presso l'Accademia di Belle Arti e Spazio b5.
Silvia La Fratta
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