30 ott 2017

HALLOWEEN: La leggenda di Jack-o’-Lantern e il capodanno agrario di Ognissanti

Pubblichiamo un nuovo post scritto da Silvia Ippolito e Marlisa Spiti, studiose di fiabe e folklore (Sapienza Università di Roma) e nostre preziose collaboratrici. Le autrici ci raccontano qui la leggenda irlandese di Jack-o'-Lantern, da cui trae origine l'immagine e l'usanza della zucca-lanterna, simbolo della festa di Halloween.
 

La leggenda di Jack-o’-Lantern e il capodanno agrario di Ognissanti 
 
Un'illustrazione della novella di Jack-o Lantern
La pratica più diffusa nel giorno in cui i morti ritornano, quella di creare una zucca intagliata e illuminata (o “Jack-o’Lantern”), immagine ormai emblematica della festa di Halloween, trae origine dalla leggenda irlandese di un uomo soprannominato per la sua avarizia “Stingy Jack”.
Secondo la storia, Jack invita il Diavolo a bere con lui, ma subito lamenta di non avere soldi con cui pagare l’oste. Il Diavolo sciocco accetta così la proposta di tramutarsi in moneta per poter saldare i conti. A questo punto, però, Jack decide di conservare il soldino nella sua tasca vicino a una croce d’argento, in modo che il povero Diavolo, non potendo più riprendere la sua forma originale, sia costretto, per farsi liberare, a scendere a patti, lasciando in pace l’uomo per un anno intero. Scaduto il tempo di tregua, l’anno successivo Jack inganna di nuovo il Diavolo, incontrato stavolta su un sentiero di aperta campagna: l’uomo pare non avere scampo, quand’ecco che nota un albero di mele e domanda al Diavolo di salirvi e coglierne una per poterla mangiare prima di morire. Ancora una volta il Diavolo acconsente e si trova intrappolato lassù, perché Jack ha scolpito il segno della croce nella corteccia o ha circondato il tronco di croci. Stavolta il prezzo per la libertà del demonio è la promessa di non reclamare mai più la sua anima.

Ma Jack poco dopo muore: le porte del Paradiso sono per lui chiuse e così si presenta all’inferno. Il Diavolo lo riconosce, mantiene le sue promesse e rifiuta di farlo entrare, rispedendolo sulla terra “privo di luce degli occhi”, perché morto ma allo stesso tempo “vivente”, costretto a vagare per l’eternità per lande oscure. Impietosito, il demonio farà a Jack un ultimo dono, una manciata di brace dell’inferno, affinché riesca a illuminare con quel fuoco tenue la via del suo vagabondaggio. Jack accetta; prende una rapa, la intaglia dandole un volto ghignante, mette al suo interno le braci ardenti e comincia il suo interminabile errare con la lanterna, la rapa di Jack-o’-Lantern, quella che poi è diventata - a seguito dell’emigrazione degli irlandesi e del trapianto delle loro tradizioni in terra americana - la classica “zucca scaccia-spettri”.

Per quanto riguarda la sua classificazione storico-morfologica, la leggenda di Jack-o’-Lantern appartiene propriamente al tipo del “Diavolo gabbato”, diffusissimo nel folklore nordico ma anche nel contesto geografico nostrano. Nelle storie appartenenti a tale ciclo – nota Giuseppe Cocchiara - il Diavolo non soltanto finisce sconfitto da Santi e devoti, ma è coperto dal popolo di ridicolo, destinatario di burle e raggirato in particolare da donne e contadini. 

A “mettere nel sacco” il diavolo è spesso lo stesso Gesù, che si presenta nelle fiabe come imbattibile patteggiatore, capace di mettere in trappola il suo antagonista tentandolo con proposte nascostamente ingannevoli. Ad esempio, nell’intreccio – morfologicamente analogo al racconto di Jack - noto come Mastro Prospero e i tre doni del Signore o Il fabbro e il Diavolo (tipo 330 nella classificazione di Stith Thompson), Gesù e san Pietro, in giro per il mondo, fanno visita a Prospero, che ha stretto il patto col Diavolo. Poiché il Signore vuole concedergli la grazia, Pietro gli consiglia di domandare la salvezza della propria anima. Il fabbro chiede invece a Gesù - a seconda delle varianti - che chiunque si segga al suo focolare non possa più alzarsi; che chiunque salga sul suo albero non possa più scendere (si noti la prossimità con la storia irlandese); di diventare imbattibile nel gioco delle carte. Così, quando il Diavolo torna a riscuotere l’anima del Mastro, viene per tre volte sconfitto dai suoi doni magici e obbligato a rinnovare il contratto per cent’anni. 

Nella variante toscana dal titolo Compar Miseria - raccolta fra gli altri da Alessandro De Gubernatis - la storia continua con una seconda sequenza: allo scadere del secolo, la Morte - personaggio ambiguo che in molte versioni, specie meridionali, sostituisce il Diavolo gabbato - concede a Miseria/Prospero soltanto un’Ave Maria e un Padre nostro prima di seguirlo all’inferno, ma poiché il compare, furbescamente, non riesce mai a trovare il tempo per la preghiera, prosegue indisturbato nella sua lunghissima vita. Una volta morto, né il Diavolo fra i dannati né tanto meno san Pietro in paradiso vorranno più aprirgli le porte. Si noti in proposito la vicinanza con l’immagine e l’esito della storia di Jack: intrappolati ora la Morte ora il Diavolo, alla fine la grave pena inflitta dalla giustizia popolare è sempre l’errare eternamente, a lasciare dunque il “beffeggiatore”, secondo la credenza volgare, nella più terribile delle condizioni, precisamente quella di essere né salvo né dannato.

Silvia Ippolito e Marlisa Spiti

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